Come guardiamo all’organizzazione In questa parte proviamo ad esplicitare alcuni tratti che connotano la concezione di “organizzazione” cui facciamo riferimento, indicando anche alcune caratteristiche dell’intervento di consulenza che corrispondono a questo modo di guardare all’organizzazione e che ci collegano in prevalenza all’orientamento psicosociologico di ricerca e azione nel sociale. Ogni organizzazione è una realtà diversa
dalle altre L’intervento di consulenza pertanto dovrà tenere conto di queste specificità: non un pacchetto di interventi preconfezionati, identici per differenti realtà, ma in grado di calibrarsi in ragione delle specifiche caratteristiche dei contesti e delle persone. Il rapporto tra disegno formale dei ruoli e
modo in cui le persone
costruiscono legami di lavoro Con ciò non si vuol dire che il disegno organizzativo non condiziona l’atteggiamento degli individui, il loro modo di lavorare: a volte si rischia di attribuire agli individui mancanze che non sono solo loro, quanto piuttosto del contesto organizzativo e del modo in cui esso funziona. E’ il caso di un direttore di un dipartimento sanitario quando lamentava la scarsa capacità del proprio personale di fare squadra, non dando rilievo al tipo di assetto del dipartimento, costituito da nove uffici distinti, ognuno dei quali rispondeva direttamente a lui: questo tipo di architettura spingeva ciascuna parte a curare maggiormente la relazione diretta col direttore piuttosto che a ricercare collaborazioni con le altre parti. Individui e organizzazione sono in rapporto tra loro, si influenzano a vicenda: non si potrà quindi lavorare sull’assetto organizzativo senza considerare gli individui, come non servirà concentrarsi sugli individui senza avere attenzione per il funzionamento organizzativo. Serve pertanto un approccio alla consulenza che non separi l’organizzazione dagli individui, i compiti dalle relazioni di lavoro tra le persone, ma anzi centri l’attenzione sul rapporto che si instaura tra individui e organizzazione, sul modo in cui gli individui sviluppano relazioni in rapporto al compito lavorativo. Quando parliamo di individui non intendiamo
solo i vertici
dell’organizzazione Da qui la necessità - per un intervento di consulenza che intenda sostenere un vero cambiamento - di coinvolgere i vari livelli dell’organizzazione nell’analisi delle difficoltà e nella messa a punto delle linee secondo cui cambiare, cercando di costruire convergenze tra le diverse parti dell’organizzazione. Si tratta di processi di lavoro attraverso i quali in molti casi abbiamo contribuito a promuovere (laddove non previsti) o a sostenere (laddove già presenti) quei livelli intermedi di responsabilità (funzioni di coordinamento, nuovi comparti o luoghi stabili di lavoro tra parti differenti dell’organizzazione…) che possono rivestire funzioni cruciali di integrazione tra le diverse parti dell’organizzazione, favorendone il buon funzionamento. L’influenza delle dimensioni affettive Lavorare con gli individui nelle organizzazioni, interrogare le rappresentazioni che le persone si costruiscono della realtà lavorativa, significa anche entrare in contatto con dimensioni affettive, le quali possono essere investite per alimentare la vita delle organizzazioni, sostenerne i cambiamenti, ma possono anche fomentare conflitti e spingere le organizzazioni in situazioni di stallo. Come nella mente delle persone non è possibile scindere le dimensioni emotive da quelle razionali, così pure nelle organizzazioni -che sono costituite da individui- queste dimensioni sono intrecciate: le organizzazioni non sono sistemi ben ordinati, governati da logiche lineari ed evidenti, ma luoghi caratterizzati da dimensioni inevitabili di disordine e di ambivalenza, in cui le persone possono al contempo mettere in atto atteggiamenti opposti e contradditori: “il dirigente ha mosso mari e monti per creare la nostra figura di coordinatori e ora ci scavalca cercando di continuo di rapportarsi direttamente con gli operatori, che lo assecondano. Abbiamo tutti voluto una nuova organizzazione e adesso non la utilizziamo”. Il legame tra problemi di lavoro e contesto È nell’interazione con le altre realtà del contesto che prende forma il senso dell’azione di un’organizzazione di servizi sociali, sanitari, educativi: la possibilità per il Servizio Sociale di un Comune di offrire un lavoro sostenibile a persone con forme di disagio psichico è legata alla disponibilità del Dipartimento di Salute mentale dell’Asl di fornire agli operatori del Servizio Sociale la consulenza dei propri medici o, ancora, la possibilità di conseguire risultati sul piano educativo da una cooperativa impegnata nel lavoro con minori in difficoltà è legata al tipo di collaborazione che si instaura con gli istituti scolastici frequentati da quei minori. Una consulenza efficace richiede di esplorare e riflettere sul contesto in cui è inserita l’organizzazione: non sono quindi solo gli individui, ma anche il tipo di contesto (e di conseguenza il tipo di problemi di cui ci si occupa) che fa di ogni organizzazione una realtà diversa dalle altre. Quando non si tiene conto del contesto Quando si pensa che il contesto non
influenzi il funzionamento
interno
Nella parte “Come guardiamo all’organizzazione” sono già presenti alcune prospettive di metodo che ispirano il modo di questo nostro occuparci. Le principali sono:
Sono questi alcuni degli aspetti prevalenti di una cultura professionale che si è andata elaborando nel corso degli anni, in rapporto alle comprensioni e ai quadri concettuali via via messi a punto in relazione ai diversi contesti di lavoro che si sono susseguiti. Questi tratti metodologici si collegano ad un aspetto che si è rivelato particolarmente importante nella nostra esperienza professionale. Ci riferiamo all’accompagnamento di gruppi di lavoro, vuoi gruppi più ‘orizzontali’, come quelli composti da responsabili, capiufficio o coordinatori di servizi, vuoi gruppi misti comprendenti tutte le persone coinvolte nella progettazione di un certo intervento, tra le quali non di rado anche il cliente o chi ne avrebbe usufruito. Si tratta di un aspetto importante ma non scontato, perché anche dove è stato possibile prevedere l’attivazione di gruppi di lavoro, la possibilità di conferir loro un significato comune e una valorizzazione delle loro potenzialità è stata conseguita solo tramite riprese e ripuntualizzazioni tra i componenti, i consulenti e le altre parti dell’organizzazione. In questo modo si è in genere riusciti a conferire a questo tipo di lavoro un significato più condiviso, dopo un primo accordo tra le parti sovente tanto immediato quanto incerto e oscillante, poiché - come viene segnalato - a gruppo di lavoro corrispondono diversi significati. A gruppo di lavoro corrispondono diversi
significati Aiutare i gruppi a pensare sulle
connessioni tra ambito
professionale e funzionamento organizzativo Qui occorre poi mettere a tema la questione relativa alla cura del clima interno, alla cui riuscita è legata la possibilità di sperimentare come questo particolare tipo di lavoro fatto insieme ad altri, se implica una certa complicazione delle cose, è però foriero di buoni risultati e interessanti scoperte. Tra queste, può rivelarsi importante nell’incoraggiare i partecipanti ad investire anche emotivamente in questa attività il fatto che il gruppo riesca ad operare rapporti e connessioni tra l’ambito professionale dei partecipanti e il funzionamento organizzativo, invece di procedere assecondando la tendenza a scinderli, che conduce ad elidere il secondo. In questo caso i partecipanti possono scoprire che comprensioni, orientamenti e prassi maturate e utilizzate sul versante strettamente professionale risultano idonee anche per leggere le situazioni e i problemi del funzionamento organizzativo che in questo modo comincia ad apparire meno rudimentale e più ricco, più problematico ma anche più vivo di quanto si poteva immaginare. Ci si scopre capaci di produrre insieme una conoscenza organizzativa e dunque nella possibilità di intervenire anche su questo versante, avanzando proposte di cambiamento e portando veri contributi. Dall’altro si può riscontrare che un conoscere organizzativo più raffinato è in grado di operare letture più profonde delle situazioni e delle vicissitudini professionali di ciascuno e quindi di prospettare linee di intervento più salde e più di lungo respiro.
La costruzione dell’oggetto di lavoro In questa prospettiva - e più in generale in una situazione sociale dove l’attivare gruppi di lavoro richiede un maggior investimento nella loro fase iniziale e preparatoria per negoziare e circoscrivere temi e confini - assume una particolare pregnanza l’attenzione e la cura che all’interno del gruppo viene dedicata all’oggetto di lavoro, in rapporto al quale possono risaltare meglio alcune delle cose dette. Il problema e l’oggetto di lavoro sono
costruzioni Innanzitutto cercando di evitare sia la via che fa coincidere i problemi con le persone, dove il problema tende a scomparire e a dileguarsi dietro ai tratti del carattere di quest’ultime, dietro “quei modi un po’ saccenti e una certa asprezza” che il trattare i problemi suscita, sia la via della loro separazione, come se il mantenere buone relazioni con i colleghi non fosse un aspetto rilevante nel comprendere e affrontare insieme i problemi di lavoro, e, di converso, come se il trattare e l’occuparsi dei problemi di lavoro delle persone e dei gruppi non contribuisse a migliorare il clima del loro lavoro. Questo tipo di attenzione potrebbe far risaltare con maggior chiarezza lo spazio delle relazioni e dei legami che intercorrono tra i problemi e le persone e dunque costituire la base per mettere in campo un intervento di consulenza in grado focalizzarsi su di esso, senza smarrire i primi o le seconde. Inoltre occorre orientarsi a concepire i problemi come il condensarsi e il coagularsi, all’interno di una formulazione, di un complesso lavoro di elaborazione, costruzione e negoziazione che il gruppo di progetto produce a partire dai disagi e dalle domande dei clienti, dai diversi aspetti che si collegano alla missione e alla cultura dell’organizzazione e dal contesto entro cui questa opera…Visto in quest’ottica, l’oggetto di lavoro non è altro che quella parte del/i problema/i e della/e situazione/i sulla/e quale/i infine si decide di operare. Aiutare le persone a costruire l’oggetto
del loro lavoro
e a riflettere sulle forme del loro produrlo insieme E’ insomma questo doppio livello di artificialità contenuto nell’oggetto di lavoro - la delimitazione della parte del problema che si intende affrontare e la delineazione delle specifiche forme di lavoro che si intendono adottare per trattarla - a rendere così cruciale questa fase, tanto per chi opera direttamente come per chi è chiamato ad accompagnare con un’attività di consulenza. Un secondo motivo che deve indurre la consulenza a prestare attenzione a questo stadio è legata al fatto che solo una buona elaborazione dell’oggetto - condotta con una certa profondità ma anche con realismo - può consentire di impostare e affrontare in maniera proficua le restanti tappe dell’attività di progettazione, ad esempio mettendo a punto un sistema di valutazione più congruo e appropriato al lavoro che si è concordato di fare, avente pertanto maggiori possibilità di essere utilizzato. Questa ricerca di congruità e di appropriatezza potrebbe infine portare ad adottare nuove forme nel concepire la stessa valutazione, orientandola in modo da fornire riscontri e spunti significativi più in ordine ai risultati ottenuti dal gruppo, dal lavorare insieme delle persone, che a quelli conseguiti dai singoli componenti. |