Gli interventi di
consulenza con i quali abbiamo accompagnato la costruzione delle nuove
integrazioni territoriali dei Servizi sociali e sanitari ossia l’attivazione
delle zone o distretti previsti dalla l. 328/2000 ci hanno talvolta portati ad
interessarci e ad intervenire anche all’interno dei processi, tuttora in atto,
orientati alla costruzione delle rispettive forme d’integrazione a livello
regionale. Pur in un panorama che ancora oggi registra situazioni spesso molto
differenziate, ci si è trovati spesso di fronte ad situazioni regionali
accomunate da alcuni tratti di fondo. Tra questi non di rado tende a dominare
quello di un certo protagonismo di alcuni soggetti istituzionali congiunto alla
scarsità di luoghi per un lavoro comune tra i principali attori della nuova
architettura del sistema regionale sociale (o sociosanitario, a seconda delle
situazioni) regionale. Mentre infatti si riscontra una attivazione delle
Regioni, principalmente nell’elaborare Piani e Linee-guida e quello dei
Distretti e delle Zone nella messa a punto di organismi a valenza distrettuale e
nella definizione dei processi di lavoro per l’elaborazione del Piano (cui fa
riscontro una certa fatica del livello intermedio - Provincia o altra
configurazione a seconda delle situazioni - nel pensare alla propria funzione,
che sarebbe invece cruciale in molte situazioni) si soffre ancora della mancanza
di luoghi di lavoro sufficientemente stabili nei quali i soggetti indicati, ed
altri ancora, possono collegarsi per costruire insieme una architettura che li
coinvolga in vario modo tutti.
Non di rado capita quindi che un certo permanere della Regione ad una discreta
distanza dalle situazioni distrettuali (la cui conoscenza tende a derivarle in
modo preponderante dalla sola documentazione cartacea, cioè quella dei Piani),
congiunta al ruolo un po’ formale del livello intermedio (che in genere non
riesce a valorizzare questo suo importante ruolo terzo e ravvicinato ai
Distretti, ossia a svolgere una vera funzione di aiuto nell’affrontare e
dirimere criticità interne, legate ai rapporti tra i comuni, o esterne,
collegate ad esempio al rapporto con l’Asl), dia luogo al delinearsi di forti
disparità sia all’interno del medesimo distretto (ad esempio con la presenza di
importanti servizi soltanto in alcuni comuni del distretto) sia tra distretti di
una stessa provincia (vuoi sul piano dell’organizzazione del distretto vuoi su
quella dell’erogazione di servizi). In queste situazioni, piuttosto che seguire
le richieste di potenziamento e maggiore definizione dei singoli livelli
operativi e istituzionali - vale a dire quelli regionali, provinciali e
distrettuali -, rischiando di incrementare la frammentarietà delle loro funzioni
e la disparità dei servizi erogati che ne consegue, si è rivelato importante
concentrarsi sull’esigenza di attivare luoghi e dispositivi d’integrazione tra i
vari livelli nei quali si articola il welfare regionale, a partire da un lavoro
comune che raccogliesse alcune delle principali criticità che erano riscontrate
da tutti, sia pure da angolature molto diverse.
Il lavoro su questi aspetti (che, esemplificando, possono andare dal come
organizzare l’ufficio di piano alle forme di coinvolgimento del Terzo settore
nella elaborazione del Piano, dalle difficoltà incontrate nell’attivazione di un
certo servizio nel tal distretto a quella riscontata nell’avviare un gruppo
distrettuale di progettazione tra pubblico, Terzo settore e Asl su un certo tema
cruciale per il territorio) ha fornito un contributo rilevante non solo nel
definire in modo più condiviso le funzioni dei vari attori assieme alle loro
forme di connessione, ma spesso ha consentito di individuare, ad un livello più
istituzionale, la prospettiva attorno alla quale costruire una nuova
architettura dell’integrazione sociale o sociosanitaria regionale, evitando il
ricorso ad una concentrazione centrale di tutti gli attori, con il rischio di
non prevedere la presenza, o di non cogliere a sufficienza l’importanza, di
adeguati livelli intermedi di integrazione, per loro natura più predisposti a
pensare e a svolgere quel lavoro di connessione e di attinenza tra gli
orientamenti generali e le specifiche situazioni territoriali dei distretti.